Le metafore di Russ Harris

Il potere delle metafore

La psicoterapia è un viaggio unico e personale, un'esperienza di auto-esplorazione che richiede impegno e consapevolezza. In questo percorso, le metafore possono aiutare a illuminare il sentiero e a dare significato alle sfide interiori.

Noi tutti, spesso in maniera inconsapevole, usiamo metafore per dipingere una sorta di scena alternativa nella mente di chi ci ascolta, per rendere più vivido il messaggio che intendiamo veicolare.

La metafora è una della basi del modo di parlare di tutti i giorni, parla un linguaggio universale, che supera le barriere delle parole e riflette le proprie esperienze.

In terapia, dove le emozioni possono risultare difficili da esprimere a parole, ecco che le metafore diventano una forma di espressione più accessibile, diretta. Creano un ponte che facilita il dialogo e la comprensione reciproca. Creano uno spazio sicuro in cui esplorare pensieri, comportamenti e sentimenti. Molte metafore si ispirano al viaggio, al percorso, rappresentando cambiamento e crescita. Attraverso queste immagini possiamo visualizzare il nostro percorso, identificare le tappe cruciali e sviluppare una nuova prospettiva sulle sfide da affrontare.

Russ Harris, psicoterapeuta pionere dell'ACT (Acceptance and Commitment Therapy) ha sviluppato diverse metafore che utilizza come strumento di terapia con i suoi pazienti. Qui di seguito puoi trovarne alcune!

Le due montagne

“Sai, molte persone arrivano in terapia credendo che il terapeuta sia una sorta di essere illuminato, che ha risolto tutti i suoi problemi, e ha messo tutto a posto, ma in realtà non è così. È più come se tu stessi scalando la tua montagna là in fondo e io stessi scalando la mia montagna quaggiù. E da dove sono io, sulla mia montagna, posso vedere cose sulla tua montagna che tu non puoi vedere, come una valanga che sta per cadere, o un sentiero alternativo che puoi imboccare o che non stai utilizzando la tua piccozza in modo efficace. Ma ti prego di non credere che io abbia raggiunto la cima della mia montagna e mi sia seduto e rilassato, a prendermela con calma. Il fatto è che io sto ancora scalando, sto ancora facendo errori e sto ancora imparando da questi. E alla fine, siamo tutti uguali. Stiamo tutti scalando la nostra montagna fino al giorno in cui moriremo. Ma il bello è che tu puoi migliorare sempre più nello scalare e imparare sempre più ad apprezzare il viaggio. E questo è il lavoro che faremo qui, si lavora insieme, siamo una squadra!”

La scacchiera

“Immagina una scacchiera, dove i pezzi bianchi sono tutti i tuoi pensieri e sentimenti piacevoli e i pezzi neri sono tutti quelli spiacevoli, che la tua mente definisce negativi. Trascorriamo la vita cercando disperatamente di far avanzare i nostri pezzi bianchi e annientare tutti i pezzi neri. Ma il problema è che esistono un numero infinito di pezzi bianchi e neri. Non importa quanti pezzi neri eliminiamo, ne appariranno altri. Inoltre i pezzi bianchi attraggono i pezzi neri. Portiamo avanti pezzi bianchi e questo immediatamente ne richiama uno nero. Quindi possiamo trascorrere la vita sprecando il nostro tempo ed energie tentando di vincere la battaglia che non potrà mai essere vinta.
O possiamo imparare a essere più simili alla scacchiera.
La scacchiera è in contatto intimo con i pezzi, ma non è coinvolta nella battaglia. C’è una parte di te che è come come la scacchiera. Ci permette di uscire dalla battaglia con i nostri pensieri e sentimenti e contemporaneamente di dar loro pieno spazio di muoversi intorno”.

L’uomo delle caverne

"La mente si è evoluta per pensare negativamente o, più precisamente, per pensare in modo tale da creare naturalmente sofferenza psicologica. La mente dell'era della pietra era orientata verso la sicurezza (evitare minacce, stare lontano dal pericolo, proteggerti dal danno, assicurarti di non essere tagliato fuori dal gruppo, prepararti per pericoli futuri) come "priorità assoluta". Più la mente di una persona delle caverne era brava a fare questo lavoro (individuare, prevedere, evitare il pericolo), più quella persona viveva a lungo e maggiori erano le sue probabilità di avere dei discendenti a cui passare i geni "mantieniti al sicuro". L'impostazione predefinita della mente dell’uomo delle caverne era "sicurezza prima di tutto!", e abbiamo ereditato da questi antenati molte cose poco utili, oggi, nell'era moderna. La nostra mente reagisce ai pensieri difficili, ai sentimenti e ai ricordi allo stesso modo in cui la mente dell'era della pietra reagiva alle bestie pericolose: “combatti o fuggi!".

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