Gli errori della nostra mente: gli occhiali che non sapevi di indossare

Se la lettura della realtà è sempre soggettiva, a volte è francamente distorta. Può capitare, infatti, che ci rappresentiamo il mondo alterando in modo significativo le informazioni disponibili. Così, la realtà esterna e la propria interpretazione non solo non combaciano, ma non si somigliano nemmeno. La nostra "mappa cognitiva" ci rappresenta il territorio in maniera non accurata, fuorviante. Questo accade perché la nostra mente indossa degli occhiali che non mettono bene a fuoco gli eventi per quello che sono. Queste lenti portano ad errori di valutazione, a giudizi affrettati, interpretano le situazioni inefficacemente. Si chiamano distorsioni congnitive.

Si tratta di modalità disfunzionali di interpretare le esperienze che si caratterizzano per la forma e non per il contenuto. Stili di pensiero caratterizzati da errori di ragionamento, che alterano il significato della realtà, rendendolo aderente alle nostre credenze e convinzioni.

Da dove nascono? Spesso hanno origine nell'infanzia, si sviluppano a partire dall'ambiente in cui cresciamo, dai nostri modelli di riferimento. Prendono così forma e si strutturano dentro di noi, per essere poi attivate da eventi e situazioni stressanti.

Nella pratica?

Le possiamo immaginare come una specie di filtro con cui osserviamo il mondo e traiamo le nostre conclusioni.

Qualche esempio:

  • astrazione selettiva: si presta attenzione a un solo aspetto della situazione e ci si concentra sugli aspetti negativi a discapito di quelli positivi. Questo accade, ad esempio, quando ci capita di ricevere una valutazione positiva, accompagnata da una piccola critica, magari anche costruttiva, e noi interpretiamo tutta la valutazione come completamente negativa.

  • inferenza arbitraria: si traggono conclusioni in assenza di prove necessarie, o in presenza di evidenze sono contradditorie. Ad esempio, inviamo un messaggio ad un amico, che lo legge ma non risponde e pensiamo subito che la motivazione sia che lui ce l’abbia con noi.

  • pensiero dicotomico: si valutano le situazioni prendendo in considerazione solo gli estremi: tutto o nulla, bianco o nero. Ad esempio: stiamo sostenendo un colloquio di lavoro e non rispondiamo come avremmo voluto ad una delle domande. Subito pensiamo “è stato un disastro, che figuraccia! Non mi merito questo lavoro!”.

  • ipergeneralizzaizone: si formula una regola generale a partire da casi particolari. In questo caso succede che, ad esempio, mentre siamo ad una festa e pensiamo che ci stiamo proprio annoiando, decidiamo che “le feste fanno schifo”.

  • ingigantire o minimizzare: amplificare eccessivamente una valutazione, in un senso o nell'altro. Significa che se non superiamo l’esame di anatomia, subito pensiamo: “non sarò mai un bravo medico!”. Al contempo, se invece passassimo l’esame, penseremmo “è stata solo fortuna, al professore sto simpatico e mi ha fatto domande semplici”.

  • personalizzazione: pensare che ciò che accade nell'ambiente ha sempre una relazione con sè. Ad esempio: raggiungiamo i nostri amici, li troviamo particolarmente silenziosi e pensiamo “sicuramente non sono il benvenuto” o, ancora, “forse stavano parlando di me e per questo si sono interrotti!”.

  • doverizzazione: autoimporsi regole rigide e severe su come le cose debbano andare. Significa che mentre stiamo per giocare una partita importante ci diciamo “devo vincere!”; prima di entrare a fare un esame importante: “devo passarlo!”.

  • lettura del pensiero: convincersi di ciò che gli altri pensano. Perciò, se il nostro partner preferisce uscire con i suoi amici stasera, la testa galopperà ad un “sicuramente non gli piaccio più”.

  • visione a tunnel: vedere solo alcuni aspetti, positivi o negativi, di una persona o una situazione. Ad esempio, un collega con cui abbiamo avuto uno screzio si trasforma subito in un presuntuoso arrogante.

  • catastrofizzazione: predire gli eventi futuri immaginando lo scenario peggiore possibile. Stiamo per sostenere un esame e pensiamo: “farò scena muta e tutti rideranno di me”.

  • ragionamento emotivo: prendere le proprie sensazioni come prova che avverrà qualcosa di spiacevole. Sentiamo ansia e pensiamo che qualcosa di brutto stia per accadere.

In quale doverizzazioni ti riconosci? Ti capita spesso di interpretare la realtà seguendo una di queste scorciatoie mentali?

Tutti le utilizziamo: in fondo, il nostro cervello si è evoluto per leggere le situazioni così da poterle affrontare, preferendo talvolta l'efficienza all'efficacia. Quando questo accade, l'impatto di tali strategie dannose può produrre ansia, stress, depressione, difficoltà relazionali. Contribuiscono alla percezione distorta di noi stessi, degli altri e del futuro.

Comprendere il loro effetto sul nostro benessere è necessario per affrontare la vita in modo più sano ed equilibrato. Per raggiungere questo obiettivo, ci viene in aiuto la terapia cognitivo-comportamentale, che si rivela un potente ed efficace trattamento delle strategie di pensiero disfunzionali. Attraverso un percorso con un professionista, è possibile esplorare e cambiare schemi di pensiero dannosi, promuovendo pensieri più realistici, flessibili e adattivi. Possiamo così modificare il modo in cui valutiamo e interpretiamo le situazioni, con l'effetto di migliorare il nostro benessere psicologico.

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